Cantante, cantautrice, percussionista pugliese impegnata in progetti artistici internazionali di World Music,
Rachele Andrioli ha il fascino di chi sa trascinare l’ascoltatore nelle proprie sperimentazioni, accogliendolo con l’abbraccio della terra più calda, della tradizione, del popolo che nella musica trova il modo più bello e diretto per esprimersi.
Nella sua voce ci sono viaggi, collaborazioni e incontri da ogni parte del mondo.
Quando nasce la tua passione per la musica?
È nata quando ero molto, molto piccola. Non ricordo quando, ma so per certo che rispondevo a chi mi chiedeva “cosa vuoi fare da grande?” con “la cantante”, senza se e senza ma.
I “se” e i “ma” sono arrivati dopo e continuano ad arrivare, sono lì per mostrarmi la strada e per farmi essere ancora più determinata a praticare il mio mestiere.
Come ti definiresti artisticamente parlando?
È una domanda difficile, perché definirsi ha in sé la prerogativa del limite.
Però su due piedi direi una cantante, interprete e autrice di musica world, che adora la tecnica vocale all’interno delle musiche popolari, i canti polivocali. Che ama i tamburi a cornice.
Cosa ha ispirato “Leuca”, il tuo ultimo album?
Quest’album, in cantiere da molto tempo, vedrà la luce in primavera.
Prende il nome dal mio luogo d’origine, appunto, il Capo di Leuca. Come fosse un punto d’osservazione.
Leuca è la finibus terrae, luogo in cui le culture si incontrano, la genealogia si evolve, la terra lascia spazio al mare, dove i pellegrini credevano che il mondo finisse.
Leuca, come tutte le “finisterre” diviene luogo sacro, in cui si costruiscono santuari, dove ci si ritira per osservare il mare e guardarsi dentro, dove il faro guida i migranti nella notte.
Ma è anche luogo inevitabilmente esposto alle tempeste e di conseguenza ai cambiamenti improvvisi.
Il singolo che ne ha anticipato l’uscita, “Te spettu”, è un tributo alla musica popolare ed è ricco di suggestioni. Sembra di cogliere la voce di una Penelope salentina. Ma ancora di più si sente una corale femminile...
“Te spettu” è una frase dialettale che mi ha sempre affascinato. Come sappiamo, in italiano “attendere” e “aspettare” hanno due contenuti molto differenti, ma in dialetto si esprimono in una sola parola. È così che restare fermi e percepire che qualcosa si stia avvicinando, aspettare che qualcosa possa arrivare o ritornare da te, e nello sesso tempo tendere verso, muoversi nella direzione giusta diventano una sola cosa.
Il brano è sostenuto dal violoncello di Redi Hasa, e nel finale le voci del “Coro a Coro” a sottolineare ancora una volta la dualità di questo Salento.
Ci parli del progetto Coro a Coro?
Il “Coro a Coro” è un sogno che avevo fin da quando avevo una ventina d’anni. Un coro per tutte!
Nasce nel 2019 in una stanza di casa mia.
Ho desciso di utilizzare Facebook e scrivere : “Ciao Donne, amate cantare? Vorreste far parte di un coro polifonico e affrontare brani dal mondo? Se si, scrivetemi in privato!”
Da quel momento molte donne hanno accolto il segnale e abbiamo iniziato ad incontrarci e lavorare insieme.
In seguito ho iniziato a strutturarlo, cercando un luogo ampio per accogliere più persone e costruendo un metodo più veloce ed efficace di apprendimento.
Grazie all’aiuto di molte “corette” ora è una reale priorità all’interno del nostro quotidiano, e diviene anche una formazione interamente femminile che si esibisce in pubblico con una forza ed energia indescrivibili. Si tratta di un laboratorio di canto polifonico femminile in continua evoluzione.
Vuole favorire la multiculturalità, per questo affronta brani popolari dal mondo.
La sede centrale è Lecce, ma spesso viene esportata in giro per l’Italia con appuntamenti mensili o workshop intensivi, dove moltissime donne trovano una nuova famiglia e si esprimono attraverso il canto.
Il Coro a Coro è aperto a donne di ogni età e provenienza, a donne che amano cantare.
Donne che già cantano e che non hanno mai cantato, donne che vogliono scoprire il fascino della polifonia.
Il coro a coro vuole creare una capacità, divenire ponte, vuole lenire, fare bene, accogliere.
Quando si sta insieme, si lavora e si canta ad un certo punto emerge una meravigliosa percezione: questo cantare insieme è una necessità.
Le voci di queste Donne sono le voci di tutte le Donne.